lunedì 27 settembre 2010

il tema non svolto

Un'attenta lettrice mi ha scritto dicendomi che a suo parere ho banalizzato la questione della prostituzione liquidandola in poche parole. Dice che la cosa andava spiegata. Ho cercato di rimettermi nei panni di Laura per capire perché nel suo diario lei non abbia indugiato maggiormente sull'argomento. L'unica risposta che mi sono dato è che non ritenesse di dover aggiungere altro a quanto detto. Quello di Laura è un racconto di ciò che le accade con il filtro parziale delle sue sensazioni. Scrive solo quello che le suscita un qualche tipo di emozione, non vuole raccontare a qualcuno la sua storia, né tanto meno spiegarla. Se non ha approfondito il tema della prostituzione è semplicemente perché pensa che sia naturale vendere il proprio corpo. Non intendo esprimere un giudizio morale sul suo pensiero. Dico soltanto che fatto anche delle cose non dette, dei temi non svolti.

Capisco che queste mie affermazioni sembrano finalizzate a deresponsabilizzarmi rispetto al contenuto del racconto, ma non è così. Non lo faccio per destare scandalo né per creare un atmosfera da Nouvelle Vague. Il mio unico intento è cercare di far vivere il personaggio di vita propria, al di là delle mie sensazioni, delle mie convinzioni, della mia morale. Non è un'autobiografia, né la rappresentazione di un alter ego. Sto soltanto pubblicando la storia di una ragazza che non racconta per essere ascoltata.

lunedì 20 settembre 2010

Senza titolo - Capitolo 4

Quella mattina, una di una primaverile giornata di settembre, il motorino non ne voleva sapere di partire. Forse la candela piuttosto che la batteria. Poco importa, di meccanica ne capisco quanto di uomini.

Avevo fretta ché alle 9.30 avevo un colloquio di selezione come commessa al negozio Benetton di via Roma. Dopo mesi di ricerca senza frutto di un posto da praticante in uno studio legale, passai alla fase "basta che paghino". Insomma, qualsiasi lavoro andava bene. Se fossi stata abbastanza professionale, avrei preso in considerazione anche la possibilità di prostituirmi. Una volta ci ho provato. Ma il cliente mi coinvolse e alla fine non lo feci pagare chiedendogli però di non farsi più vedere. Non rispettò i patti e per mesi continuò a cercarmi. Non lo denunciai soltanto perché non volevo far sapere in giro che mi ero prostituita. Poi, dopo un mesetto che non si faceva più sentire, lo richiamai io. Quell'uomo era l'unico con il quale avevo fatto sesso da quando ero arrivata a Mantova. Ci rincontrammo in una piccola pensione. Era un ex bordello che la legge Merlin aveva messo al bando. Il piccolo albergo era gestito, e lo è tutt'ora, da Ada, una settantenne che in gioventù aveva in quel luogo amato a pagamento ragazzi di primo pelo e uomini sposati. Dicono che fosse la più bella, un corpo di Venere, e che tutti chiedessero lei. Con i soldi guadagnati aveva rilevato l'attività e trasformato la struttura in un albergo a ore, cosicché quelle stanze che erano nate per far amare, continuarono ad ospitare persone che andavano lì per amarsi. Ada ci chiese i documenti e ci diede la chiave limitandosi ad un cortese «Benvenuti» omettendo, come era abituata a fare, di menzionare i nostri nomi. La stanza era la numero 19. C'era solo un letto, lenzuola ingiallite dal tempo e consumate da incontri inconfessabili. La carta da parati era tutt'altro che romantica, come a ricordare agli avventori che non è necessario amarsi per amarsi. Diventò il mio amante, lo è tutt'ora che sono sposata.

Chiamai un taxi. Dopo il colloquio tornai a casa a piedi.

venerdì 17 settembre 2010

la retta via

A forza di cercare la strada giusta, ne presi una qualunque, certo che il peggio che mi potesse capitare è che fosse quella sbagliata.