Dopo aver passato l'ultimo anno e mezzo nel quale il tasso d'inflazione dei miei rapporti umani è schizzato alle stelle come neanche il prezzo della benzina durante il periodo della crisi petrolifera, sto attraversando un fase di profonda riflessione. Mi sono fermato, ho cercato di consolidare alcune relazioni e provato a comprendere il senso di altre. Insomma, dopo la fase entusiastica dovuta alla curiosità che una nuova conoscenza provoca, subentra un momento in cui si cerca di dare una forma alle cose per trovargli la giusta collocazione. Se io ho un contenitore di forma cubica con i lati di un metro mi risulterà difficile farci entrare una barra lunga due. Allo stesso tempo sarebbe sprecato se lo usassi per conservare un ago senza contare il fatto che rischierei di perderlo in una scatola molto più grande di esso.
In questa operazione di catalogazione dei miei rapporti, un vero lavoro da bibliotecario, spesso entrano in gioco fattori che quest'ultimo deve assolutamente rifuggere se vuole raggiungere l'obiettivo di realizzare una classificazione corretta. Questi agenti che interferiscono nel nostro assegnare un posto alle persone che ci circonda e con le quali vogliamo intrattenere rapporti, sono per lo più fattori emozionali. Non riguardano solo la nostra emotività ma anche quelle delle persone con le quali ci rapportiamo. Con la conseguenza che spesso ci troviamo a giudicare ragionevole il sovrastimare alcuni rapporti soltanto perché magari, anche solo una volta nella vita, ci hanno fatto provare una sensazione di benessere che mai abbiamo riprovato e che probabilmente difficilmente riproveremo anche nel caso in cui quel rapporto rimanga in atto. Allo stesso tempo ci sembra normale sottostimare relazioni che ci donano serenità ma non sono in grado di andare oltre una quotidiana normalità.
Non credo che sia un argomento che si possa affrontare in un post e mi riprometto di ritornarci sopra. Ma per adesso mi accontento di porre la questione: ha senso usare il proprio tempo per capire il valore umano di un rapporto o forse è meglio viverlo per quello che è e finché dura cercando di prendere il buono che può darci senza farsi troppe domande?
sabato 28 novembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
La seconda che hai detto!
RispondiEliminaLa risposta è dentro di te. Epperò è sbagliata!
RispondiElimina